I disturbi alimentari sono sempre più diffusi ed in Italia più di 3 milioni di persone ne soffrono ed il numero è in costante aumento.
La prevalenza del disturbo nelle donne è dovuta ad una loro predisposizione biologica a resistere senza cibo. Le donne, inoltre, sono soggette più degli uomini all’accumulo di grasso e subiscono maggiori frustrazioni da parte di una cultura che esalta il culto della magrezza. Lo sviluppo puberale femminile, infine, è più complesso di quello maschile dal punto di vista delle funzioni ormonali e dei meccanismi psicologici che lo sottendono e può predisporre a disturbi psicologici di fronte a fattori di stress.
L’identità della giovane adolescente si costruisce all’interno di un’ampia cornice che include il contesto sociale, le esperienze familiari, le predisposizioni biologiche e i fattori accidentali dello sviluppo. Problematiche legate al processo d identità della giovane donna possono portare a sviluppare il fenomeno dell’anoressia e/o della bulimia. Gli eventi che scatenano il meccanismo patologico legato al cibo sono quelle esperienze che mettono alla prova il senso di indipendenza e di valore dell’adolescente: le prime relazioni eterosessuali, la perdita di un’amicizia, la malattia o la morte o la separazione di un membro importante della famiglia.
I disturbi dell’alimentazione non devono essere scambiati per malattie dell’appetito. Sono, infatti, disagi psicologici profondi. Attraverso il rapporto con il cibo – negato, cercato e rifiutato, o ingerito in quantità smodata – esprimono in modi diversi un dolore ed una sofferenza dell’anima.
I disturbi alimentari sono un modo per comunicare sofferenze e paure. Perdite affettive importanti, abbandoni, abusi e traumi infantili: il cibo diventa il modo che permette di non sentire la sofferenza, un’auto-cura per non pensare. In questo modo, però, il dolore permane e la vita non viene vissuta.